Dogman (2018) di Matteo Garrone


Un palazzo residenziale della periferia romana, un campo da calcetto, un bar e un negozio di toelettatura per cani. Questo è il piccolo palcoscenico in cui è circoscritta la realtà immaginata da Garrone nel suo ultimo Dogman; vicenda che s' ispira a un fatto di cronaca, ma che non è una mera rappresentazione goliardica, quanto piuttosto occasione per confrontarsi con l'architettura dello spazio cinematografico.



Lo spazio raccontato da Garrone è quello della periferia, delle vite al limite. I muri freddi, il fango e la polvere, le slot machine, sono protagonisti tanto quanto Marcello e Simone, i pilastri mitici su cui si fonda la vicenda. L'occhio è invitato a perdersi in desolanti labirinti di cemento, per poi essere imprigionato nel garage in cui Marcello lavora; luogo in cui emerge la violenza e il terrore che l'intero complesso di strutture racchiude. E' una violenza superficiale e omertosa quella che si percepisce nella società di periferia, che si manifesta solo in un secondo momento, tutta in una volta, nella maniera più brutale. C'è chi intravede possibilità di salvezza scavando negli interstizi di cartongesso, magari per rapinare un Compro Oro e andarsene lontano, come in "Fuga da Alcatraz" (Don Siegel, 1979) grande classico del genere "prison escape". Quella di Garrone è dunque una realtà ontologicamente chiusa, una prigione, in cui gli spazi sono pensati per l'esercizio del potere e i corpi sono disciplinati con ruoli prestabiliti.
Eppure Dogman non descrive questo spazio indirizzando l'occhio sugli elementi architettonici, bensì scandagliando il volto di Marcello, che funge da specchio della realtà che lo circonda. Il suo volto decadente e grottesco è il luogo cardine in cui si svolge l'azione, dove la realtà stessa si manifesta. Gli occhi diventano i muri portanti e le rughe sono crepe nel cemento. Garrone sembra voler mettere in chiaro che da certe prigioni non si può evadere e che l'unica possibilità sia scavare nelle ombre. Mentre la luce sul volto lentamente sbiadisce si aprono le voragini dell'abisso. Un luogo inarrivabile e impensabile, dominio della realtà capovolta, in cui si consuma l'ennesima tragedia umana.

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