Roma


Realizzato a partire dai ricordi d'infanzia del regista, Roma (2018, Alfonso Cuaròn) si presenta come un ritratto intimo e doloroso di un tempo che non c'è più, ma piuttosto che limitarsi a una mera ricostruzione nostalgica, il passato è occasione per un tentativo di comprensione del presente.

I migliori film del 2017

Questi film seppur realizzati nel 2017 sono da intendersi come film visti durante il 2018. Principalmente perché sono diventati reperibili durante l'anno appena trascorso. Ho deciso di realizzare una classifica breve dato il numero elevato di film del 2017 che, purtroppo o per fortuna, devo ancora recuperare. Questi film hanno il pregio, esclusivamente a titolo personale, di aver riacceso in me la fiamma della passione per il cinema ed è per questo che mi sento di consigliarli vivamente. 
Buona visione e buon anno!

1. Il Filo Nascosto (Phantom Thread) di Paul Thomas Anderson 


2. Les Garçons Sauvages di Bertrand Mandico


3. Madre! (Mother!) di Darren Aronofsky 


4. First Reformed di Paul Schrader 


5. Zama di Lucrecia Martel 


Les Garçons Sauvages


Quando si pensa alla metamorfosi ciò che viene subito in mente è la trasformazione di un oggetto, animale o persona in qualcos'altro, ma che allo stesso tempo continua a mantenere una sua identità di fondo. Si pensi a Gragor Samsa che, pur rendendosi conto di esser diventato uno scarafaggio, continua a ragionare da essere umano. Una condizione di indeterminatezza, dunque, nella quale le differenze sono annullate e di conseguenza gli opposti coincidono. Les Garçons Sauvages (2017, Bertrand Mandico), capolavoro del cinema contemporaneo, gioca con questa idea di un mondo in continua mutazione; nel quale le isole diventano esseri anfibi, i fiori si trasformano in falli, l'urina, il latte e lo sperma sono la medesima cosa, poiché fluido vitale.

Macbeth (1982) di Béla Tarr



Béla Tarr è ormai riconosciuto come un cineasta monumentale, di fondamentale importanza per la comprensione del cinema, eppure ancora poco conosciuto e volutamente tralasciato da chi è solito occuparsi di cinema. La ragione di questo fatto è sicuramente la difficoltà della materia da trattare e una certa soggezione da parte dello spettatore che sembra ritrovarsi a disagio nell'affrontare film molto lunghi, magari in bianco e nero, con tempi dell'azione molto dilatati. In ogni caso i saggi e le pubblicazioni abbondano, soprattutto all'estero, in Italia sono ancora poche, ma apprezzabili. Poiché la sua filmografia si può a buon diritto ritenersi conclusa (Tarr ha infatti dichiarato che Il cavallo di Torino (2011) è il suo ultimo film) è interessante andare a scavare in ciò che il suo cinema è stato, come si è evoluto, alla ricerca di elementi prolifici. 


Halloween (2018) di David Gordon Green


Piuttosto che concentrarci sugli aspetti più formali di Halloween (2018, David Gordon Green) mi limiterò a fare un breve identikit della figura del serial killer, per come essa è evidentemente concepita dal cittadino medio del mondo occidentale (  non solo?).
Nel pieno degli anni '70 ciò che spaventava maggiormente era lo sfortunato incontro con un individuo mentalmente instabile. Qualcuno nascosto dietro una siepe, magari vestito di di stracci e con una maschera sul volto inizia a perseguitarvi, e con molta facilità ossessionarvi, per poi entrarvi in casa pronto a colpire, prendendosi prima il tempo necessario per studiarvi. Questa era la visione del serial killer di John Carpenter in Halloween (1978), film che diede vita al genere slasher. 

Dogman (2018) di Matteo Garrone


Un palazzo residenziale della periferia romana, un campo da calcetto, un bar e un negozio di toelettatura per cani. Questo è il piccolo palcoscenico in cui è circoscritta la realtà immaginata da Garrone nel suo ultimo Dogman; vicenda che s' ispira a un fatto di cronaca, ma che non è una mera rappresentazione goliardica, quanto piuttosto occasione per confrontarsi con l'architettura dello spazio cinematografico.

Kong: Skull Island (2017) di Jordan Vogt-Roberts



Difficilmente un film pensato per essere un prodotto d'intrattenimento riesce a restituire qualcosa di autentico; è per questo che "Kong: Skull Island" (2017) risulta un oggetto atipico nel panorama cinematografico hollywoodiano. Da un lato si presenta come un giocattolo per cinefili, dall'altro esplora alcuni concetti narrativi e visivi che mettono in serio dubbio la natura stessa di questo genere di film. Cosa accadrebbe se in "Apocalypse Now" (Francis Ford Coppola, 1979) i selvaggi venerassero, al posto del colonnello Kurtz, un enorme gorilla come divinità?

Arrival (2018) di Denis Villeneuve



La fantascienza è un genere cinematografico che offre delle possibilità d'immaginazione pressoché illimitate. Ci si può spostare tra un pianeta e l'altro con enormi vascelli spaziali, pensare agli effetti di tecnologie sperimentali come la clonazione, e più di tutto ci permette di pensare al confronto con ciò che ci è alieno, cioè distante, estraneo e inarrivabile. L'alieno in questione è sempre in relazione all'individuo o la società che lo ha pensato. Ed è proprio per questo motivo che molti prendono sul serio i film sui mostri: indagare i mostri equivale ad analizzare la mente che li ha creati. "Arrival" (2016) di Denis Villeneuve ci mostra come non sempre il rapporto con il mostro possa essere risolto attraverso un conflitto e ci obbliga a pensare il diverso attraverso il linguaggio, e costringe a domandarsi: perché proprio l'immagine?


Madre! (2017) di Darren Aronofsky


Anche con il suo ultimo "Madre!" (2017) Darren Aronofsky trova un soggetto congeniale per il suo cinema cupo e dai risvolti orrorifici, che parla di corpi sofferenti e dei. 
Lei è innamorata, determinata a trovare la tranquillità nel nido d' amore con Lui, il Poeta, amorevole, ma tormentato. La pace iniziale viene subito interrotta dall'arrivo di sconosciuti che Lui non sembra farsi problemi ad ospitare in casa. Quel che sembra un semplice atto di generosità si trasformerà in un incubo ad occhi aperti per Lei. 

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