Oiktos (Pity)


La reazione culturale alla crisi economica, politica e sociale della Grecia, almeno in ambito cinematografico, è sicuramente tra le più bizzarre e inaspettate. Occasione, a quanto sembra, per ripensare da una parte le proprie origini storiche in termini di colonne portanti dell'Europa, dall'altra il proprio posto nel mondo in un contesto post-internet, il nuovo cinema Greco, definito "Greek Weird Wave", gioca tutto sull'esasperazione e lo stravolgimento della quotidianità alla ricerca del fatto "strano" o "insolito". Di difficile reperibilità alcune di queste pellicole riescono ad infilarsi nell'immaginario mainstream come bombe ad orologeria. Il caso più emblematico, l'unico in realtà, è quello di Yorgos Lantimos che con i suoi The Lobster (id, 2015) e Il Sacrificio del Cervo Sacro (The Killing of the Sacred Deer, id, 2018) ha socchiuso la porta verso questo cupo scorcio di mare in tempesta. Mitologia, profezie e psicologie impossibili fungono da bacino di rifornimento per la messa in scena di una realtà contemporanea sconvolta nel profondo. Pity (Oiktos, Babis Makridis, 2018) rientra in questi criteri e getta una luce di felice sconforto sulle pieghe di questa tendenza.

Suspiria


Nell'epoca in cui si gioca a riprendere e reinventare i classici del cinema per farne delle versioni più "moderne" e "aggiornate" (tra l'altro come se i film avessero una data di scadenza) chiamare un film Suspiria (Luca Guadagnino, 2019) può condurre a due esiti possibili: la scoperta di un genio sopito o il suicidio intellettuale. Guadagnino non sembra sapersi orientare tra le due alternative e gioca la carta della libera interpretazione di un classico del cinema, o meglio, a quanto sembra, la visione che lui ebbe del Suspiria di Dario Argento (id, 1977). Ciò che prende forma è un film ignavo, che non sembra volersi discostare da una certa poetica sentimentalista, ma allo stesso tempo vuole osare, senza però intraprendere nessuna delle direzioni fino in fondo.

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