The Monster: un trauma da favola

 
La locandina di The Monster | A24

The Moster è una favola oscura ascrivibile al contagio horror

Già da qualche anno il cinema horror è cambiato. Da quel Babadook (2014) non si può fare a meno di voler vedere l'horror irrompere nelle storie ordinarie e quotidiane, e viceversa. Il terrore è la condizione basilare dell'attuale esistenza, i mostri non solo esistono e si nascondono nel buio: è impossibile stanarli, è impossibile combatterli, si può solo restare in attesa e aspettare il giorno in cui verranno a divorarci. 

Se si volesse a tutti i costi cercare un significato profondo in questo Monster (Bryan Bertino, 2016) potrebbe essere più o meno questo. Mi è capitato di ripescarlo su un noto servizio di streaming e devo dire che quella sera ho trovato proprio il film giusto. Ho iniziato a ri-appassionarmi al cinema horror nell'ultimo anno, iniziando a recuperare tutta una serie di pellicole che attualmente vengono riconosciute come una svolta epocale, non solo per il genere ma il cinema in generale. Perché? Beh, basti pensare a registi come Jordan Peele e Ari Aster per farsi un idea. Il contagio horror è iniziato e questo The Monster potrebbe rientrare in questa sfilza di titoli davvero interessanti. Di cosa parla il film?

Madre e figlia viaggiano in automobile di notte in una strada nel bosco e improvvisamente appare un lupo in mezzo alla strada. Sbandamento, incidente, auto in panne. Chiamano i soccorsi ma nel frattempo c'è qualcosa che non torna: il lupo è stato sbranato da un predatore più grosso di lui e inizia una lunga serie di sequenze al cardiopalma in cui un enorme mostro alieno, geneticamente modificato, dall'abisso (scegliete voi) inizia a perseguitare le protagoniste. Breve sinossi, breve film, breve articolo, promesso. A discapito della poca originalità del mostro, per quanto molto ben realizzato, che assomiglia a uno strano groviglio genetico tra Alien (Scott, 1979) e Venom della Marvel, sono due i punti di forza del film. Il primo è quello di creare un atmosfera, convincente con inquadrature in tensione tra i volti esterrefatti dei personaggi e l'oscurità impenetrabile del bosco, il secondo è l'ossatura traumatica della storia. 

Per quanto riguardo il primo punto, essendo il film ambientato interamente tra diversi veicoli fermi (si, i soccorsi arrivano ma sapete già come va a finire) si creano parecchi momenti alla Jurassic Park (Spielberg, 1993); e mi riferisco alla scena del t-rex, quando piovono pezzi di carne sul parabrezza e la pioggia appanna i vetri, con annesso senso di orrore claustrofobico. Come per altri horror contemporanei non si tratta solamente di atmosfere riempitive: il terrore (cosmico) collassa sulla realtà, istituendo un nuovo ordine ontologico, come in Midsommar (Ari Aster, 2019) o Antebellum (Bush/Renz, 2021). L'altro aspetto è ancora una volta l'esplorazione del trauma sepolto, interno ai personaggi, che si riproduce in una proiezione esterna mostruosa. In questo caso, il ritorno del rimosso è un'infruttuosa e violenta relazione tra genitori e figli. La madre del racconto è una giovane ragazza alcolizzata e dipendente da qualche sostanza (forse) che mette il bisogno di soddisfare le dipendenze prima delle attenzioni alla figlia. Quest'ultima la vediamo impotente, paradossalmente più adulta dei suoi stessi genitori. Per tutto il film le uniche parole che la madre riesce a dire alla figlia sono "è tutto ok!", oppure "non ti preoccupare, i mostri non esistono", in un vano tentativo di rassicurazione, totalmente incongruente con i fatti del racconto. 

Questa favola oscura sembra raccontare il profondo gap generazionale tra millennials e genZ, traducibile esclusivamente in un eterno conflitto. Ma ad accomunare le due donne è la compresenza del mostro, famelico, bramoso della loro carne, digrignante nell'oscurità. Una favola che ci mette di fronte all'unica verità che non si vuole raccontare ai bambini: i tuoi genitori moriranno, tu morirai. 


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